Cosa dice la direttiva europea sul copyright
Si occupa del futuro dei contenuti online e fa discutere aspramente favorevoli e contrari sui temi del diritto d’autore, all’informazione e alla libertà di espressione.
Che il diritto d’autore abbia bisogno di una normativa aggiornata è evidente a tutti.
Le regole dell’Unione Europea in materia sono ferme al 2001 quando internet non era quello che è oggi.
La direttiva in discussione, proposta dal Parlamento Europeo nel 2016, ha lo scopo di armonizzare le leggi sul copyright nei singoli Stati. In particolare la direttiva vuole regolamentare il diritto d’autore nel mondo digitale con particolare attenzione ad Internet.
L’iter che dovrà portare all’approvazione di un testo condiviso da tutti gli Stati Membri è stato finora molto travagliato ed è passato da diverse tappe:
- la direttiva è stata proposta dalla Commissione europea il 14 settembre 2016
- il 25 maggio 2018 il Comitato dei rappresentanti permanenti del Consiglio dell’Unione europea ha approvato una prima bozza
- il 20 giugno 2018 la Commissione giuridica del Parlamento europeo (JURI) ha approvato un testo diverso da quello presentato a maggio
- il 5 luglio 2018 la proposta di direttiva è stata rigettata dal Parlamento europeo
- il 12 settembre 2018 è stata approvata in seconda lettura una nuova proposta con l’aggiunta di 45 emendamenti.
Per l’approvazione definitiva bisognerà attendere un nuovo round negoziale tra gli attori coinvolti ed il voto definitivo del Parlamento Europeo.
Favorevoli e contrari
Nel frattempo le discussioni intorno alla direttiva hanno creato due diverse fazioni che periodicamente tornano a confrontarsi in maniera anche molto aspra.
Da una parte ci sono editori ed autori i cui diritti troppo spesso vengono violati nel far west digitale e che per questo vorrebbero veder tutelate le proprie opere oltre che ricevere una giusta remunerazione per i contenuti prodotti.
Dall’altra ci sono figure del calibro di Tim Berners-Lee e Vint Cerf (due dei “padri di internet”) e tutta una serie di stakeholders quali aziende che si occupano di sviluppo software, piattaforme digitali come Google, Creative Commons e Wikipedia (per citarne alcune), attivisti e ben 145 organizzazioni operanti nei settori dei diritti umani e digitali, della libertà di stampa, dell’educazione che ritengono che la nuova normativa andrà a ledere in maniera molto pesante il diritto all’informazione e alla libertà di parola a causa dei filtri che verranno utilizzati per impedire la libera circolazione dell’informazione.
Il tema è recentemente tornato alla ribalta delle cronache dopo che l’8 gennaio Google ha acquistato una pagina sui giornali (tra i quali Repubblica e Corriere della Sera) per pubblicare un annuncio a sostegno delle proprie posizioni, che ovviamente, sono piuttosto critiche nei confronti del testo approvato.
In particolare Google se la prende con l’articolo 11 della Direttiva.
Il testo dell’annuncio, infatti, così recita: “Abbiamo bisogno di prospettive differenti per avere una visione d’insieme e per capire meglio il mondo in cui viviamo. L’Articolo 11 della nuova direttiva sul copyright dell’Unione Europea mira a proteggere il lavoro della stampa. E questo è un obiettivo che condividiamo pienamente. Quello che ci preoccupa, tuttavia, è che alcuni elementi di questa legislazione potrebbero ridurre lo spettro e il numero di notizie che si trovano quando si ricerca online”.
Gli articoli più discussi
Proprio l’articolo 11, insieme all’articolo 13 del testo approvato, sono quelli che maggiormente hanno polarizzato le divisioni tra i favorevoli ed i contrari alla direttiva.
Il primo stabilisce che “gli editori possano ottenere una remunerazione equa e proporzionata per l’utilizzo digitale delle loro pubblicazioni di carattere giornalistico da parte dei prestatori di servizi della società dell’informazione (ad es. Google, ndr)”.
Tale limitazione non si estende nei confronti: “dell’uso legittimo privato e non commerciale delle pubblicazioni di carattere giornalistico da parte di singoli utenti”.
Il secondo, l’articolo 13 della direttiva, è quello che, se possibile, suscita ancora maggiori preoccupazioni da parte degli oppositori.
L’articolo prevede, infatti, che le piattaforme online esercitino un controllo sui contenuti che i propri utenti caricano sul web in modo da impedire la condivisione pubblica di contenuti protetti da accordi di licenza e soggetti a diritti d’autore non detenuti dagli utenti stessi.
Ciò, dal punto di vista degli operatori dei servizi di distribuzione dei contenuti mina fortemente la libera circolazione dei contenuti imponendo una sorta di censura.
I critici della direttiva fanno notare che sono proprio i motori di ricerca ed i social network la maggior fonte di traffico per editori ed autori ed è grazie a questa mole enorme di utenti che chi produce contenuti può finanziarsi attraverso la vendita di spazi pubblicitari.
Inoltre è abbastanza improbabile che le piattaforme e i fornitori di servizi riescano a dotarsi di un sistema in grado di bloccare con efficacia la condivisione di contenuti protetti da copyright, sia per i costi necessari sia per le difficoltà tecniche dato che questo tipo di tecnologia non è alla portata di chiunque.
Dal canto loro, etichette discografiche, associazioni degli autori, major del cinema ed editori online (i principali sostenitori della direttiva) fanno notare che le soluzioni proposte danno la possibilità di avere licenze più adeguate da applicare online e tutelano meglio i diritti degli autori.
Il testo approvato a settembre può essere consultato a questo link.
Cosa succede adesso
Prima che la direttiva venga approvata definitivamente dovrà essere analizzata nei negoziati tra istituzioni europee e stati membri per poi passare attraverso un nuovo voto del Parlamento Europeo.
La durata dei negoziati, il fatto che uno o più Stati membri possa mettersi di traverso, le ormai prossime elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo e la lungaggine delle procedure di recepimento interne ai singoli Stati lasciano pensare che l’entrata in vigore della normativa (se mai venisse approvata) non è così vicina.
Per il momento, quindi, la circolazione dei contenuti online ed il relativo monitoraggio non dovrebbe subire variazioni.
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